
A metà degli anni ‘60, l’Iran era alle prese con un dilemma agrario persistente. La produzione agricola rimaneva bassa, afflitta dalla scarsa tecnologia e da pratiche tradizionali inefficienti. Mohammad Reza Pahlavi, lo Shah dell’Iran, desiderava modernizzare il paese e trasformare la sua economia in una forza dominante nel Medio Oriente. Per realizzare questa ambizione, si affidò a un piano audace: la Rivoluzione Verde.
Il termine “Rivoluzione Verde” evoca immagini di campi rigogliosi e abbondanza, un futuro promettente per i contadini iraniani. Ma la realtà fu ben diversa. La Rivoluzione Verde, guidata dal consulente americano William Gaud, prevedeva l’introduzione di nuove varietà di grano ad alto rendimento, l’uso massiccio di fertilizzanti chimici e pesticidi, e la meccanizzazione dell’agricoltura. In teoria, queste innovazioni avrebbero portato a un aumento significativo della produzione agricola, migliorando le condizioni di vita dei contadini e trasformando l’Iran in un esportatore di grano.
Tuttavia, la Rivoluzione Verde si rivelò una spada a doppio taglio. Se da un lato contribuì ad aumentare la produzione agricola iraniana, dall’altro amplificò profondamente le disparità sociali. La distribuzione di nuove tecnologie e sementi era concentrata sui grandi proprietari terrieri, mentre i piccoli contadini, che rappresentavano la maggioranza della popolazione rurale, si trovarono impossibilitati a competere con le fattorie industrializzate.
L’accesso ai crediti bancari era limitato per i piccoli produttori, mentre i costi dei fertilizzanti e dei pesticidi aumentarono in modo significativo. La meccanizzazione dell’agricoltura portò alla perdita di posti di lavoro, poiché la manodopera umana veniva sostituita da macchine. Molti contadini furono costretti a lasciare le loro terre e a cercare lavoro nelle città, contribuendo ad un processo di urbanizzazione incontrollato.
L’impatto ambientale della Rivoluzione Verde fu altrettanto problematico. L’uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti contaminò il suolo e le acque, danneggiando gli ecosistemi locali. La monocultura del grano, imposta dal nuovo modello agrario, contribuì alla perdita di biodiversità e rese l’agricoltura iraniana vulnerabile a malattie e parassiti.
Conseguenze della Rivoluzione Verde: Una Società in Crisi
La Rivoluzione Verde ebbe un impatto profondo sulla società iraniana, contribuendo ad acuire le tensioni sociali e politiche che avrebbero portato alla Rivoluzione Islamica del 1979. L’aumento della disuguaglianza economica, la perdita di terreni da parte dei piccoli contadini, e l’impatto ambientale negativo alimentarono il malcontento popolare.
Molti iraniani iniziarono a percepire lo Shah come un leader distante dalla realtà del popolo, preoccupato più dello sviluppo economico che del benessere della sua gente. La Rivoluzione Verde, pur avendo raggiunto alcuni obiettivi in termini di aumento della produzione agricola, si rivelò un fallimento sociale ed ambientale, contribuendo ad alimentare le fiamme della rivoluzione.
Il Caso di Cyrus Massoumi: Un’Anima Ribelle in un Mondo Agrario Contorto
Nel panorama della Rivoluzione Verde, emerge la figura di Cyrus Massoumi, un agricoltore iraniano con idee innovative e una forte critica verso il modello agrario imposto dallo Shah.
Massoumi, nato a Teheran nel 1942, era appassionato di scienza e tecnologia e nutriva un profondo amore per la terra. Dopo aver conseguito una laurea in ingegneria agricola, si dedicò con passione alla gestione della fattoria di famiglia, situata nelle campagne vicino a Shiraz.
Mentre molti contadini iraniani si lasciavano convincere dalle promesse della Rivoluzione Verde, Massoumi sviluppava un approccio agricolo alternativo basato sulla sostenibilità e sul rispetto dell’ambiente. Era convinto che l’uso eccessivo di chimici fosse dannoso per la terra e per la salute dei consumatori.
Massoumi sperimentava con tecniche di coltivazione biologica, utilizzava compost invece di fertilizzanti sintetici, e promuoveva la biodiversità nelle sue colture. Il suo approccio innovativo attirava l’attenzione di altri contadini e intellettuali iraniani, che vedevano in lui un modello alternativo alla Rivoluzione Verde.
Tuttavia, le idee di Massoumi trovavano poca eco presso il governo iraniano, che considerava la sua visione come una minaccia all’efficienza produttiva promossa dallo Shah. La fattoria di Massoumi fu sottoposta a continue ispezioni e pressioni da parte delle autorità agricole.
Nonostante le difficoltà, Massoumi continuò a lavorare con determinazione per realizzare la sua visione di un’agricoltura sostenibile in Iran. Il suo esempio ispirò una generazione di contadini iraniani a mettere in discussione il modello dominante della Rivoluzione Verde e a cercare soluzioni alternative più rispettose dell’ambiente.
La Lezione di Cyrus Massoumi: Oltre l’Aspettativa di Produzione
La storia di Cyrus Massoumi ci ricorda che il progresso agricolo non può avvenire solo a spese della sostenibilità ambientale e del benessere sociale. La Rivoluzione Verde, pur avendo aumentato la produzione agricola iraniana, ha lasciato dietro di sé una scia di conseguenze negative: disuguaglianza economica, perdita di terreni da parte dei piccoli contadini, e degrado ambientale.
Massoumi ci invita a riflettere sulla necessità di un’agricoltura che integri esigenze produttive con rispetto per l’ambiente e per la comunità umana. Il suo esempio è una testimonianza del fatto che anche in sistemi agricoli dominati da interessi economici, è possibile trovare spazio per soluzioni innovative e sostenibili.